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MANOVRA LAVORO- CONVERSIONE IN LEGGE DEL D.L. 20 GIUGNO 2008 N.112

Mercoledì 5 agosto la Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva la “manovra triennale” del Governo, convertendo in legge il D.L. n. 112 del 2008 (entrato in vigore il 25 giugno 2008), il quale contiene numerose disposizioni in materia di lavoro.

Si riporta, di seguito, una prima disamina delle stesse.

1.    ABOLIZIONE DEL CUMULO FRA PENSIONI E REDDITI DI LAVORO     (art. 19)

A decorrere dal 1° gennaio 2009 viene abolito  il divieto di cumulo per le pensioni dirette di anzianità, che come è noto vengono liquidate soltanto nell’ambito del metodo retributivo di calcolo delle pensioni; tali pensioni risultano, pertanto, cumulabili nella loro interezza con i redditi da lavoro autonomo e dipendente.

Con la medesima decorrenza viene anche abolito il divieto di cumulo per le pensioni di vecchiaia liquidate con il metodo contributivo, con la seguente differenziazione:

  • le pensioni di vecchiaia anticipate (e cioè le pensioni di vecchiaia liquidate a soggetti con età inferiore a 65 anni, se uomini, e a 60 anni, se donne) nonché le pensioni liquidate agli iscritti alla Gestione dei lavoratori c. d. parasubordinati devono rispettare sia i limiti di età, sia le finestre introdotti dalla legge Maroni, con le modifiche apportate dalla legge 247/2007;
  • le pensioni di vecchiaia liquidate a soggetti con età pari o superiore a 65 anni, se uomini, e a 60 anni, se donne, e le pensioni liquidate con anzianità contributiva pari o superiore a 40 anni risultano invece interamente cumulabili, senza alcun ulteriore vincolo, con i redditi da lavoro autonomo e dipendente.

Il riferimento contenuto nel testo del provvedimento alle pensioni “liquidate interamente” con il metodo contributivo deve essere riferito al fatto che le pensioni miste, e cioè quelle liquidate parte nel retributivo e parte nel contributivo, vengono equiparate a quelle liquidate con il metodo retributivo.

Non viene fatto alcun riferimento all’abolizione del divieto di cumulo per le pensioni di reversibilità, di invalidità e per gli assegni di invalidità, che restano parzialmente cumulabili. Restano ferme le vigenti disposizioni per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni.

 

2.    CONTRATTI DI LAVORO A TEMPO DETERMINATO (ART. 21)

Per quanto riguarda i contratti a tempo determinato, l’art. 21 del provvedimento in esame, stabilisce quanto segue:

a)    all’art. 1, comma 1, del D.Lgs. n. 368/2001 è prevista  la possibilità di ricorrere al contratto di lavoro a tempo determinato, per ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo “anche se riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro”. Si superano, in tal modo, le numerose difficoltà applicative sorte in precedenza e collegate ad alcune interpretazioni dottrinali e giurisprudenziali che legavano la possibilità di assumere a termine esclusivamente per soddisfare esigenze temporanee connesse all’attività aziendale. Pertanto, da ora in poi – come già accade per il lavoro in somministrazione – verrà meno l’obbligo per il datore di dover specificare quale esigenza temporanea dell’impresa intende realizzare attraverso quella determinata assunzione a termine.

b)    Il comma 1 bis, introdotto con la Legge di conversione riguarda le controversie in materia di contratti a termine. In particolare, con riferimento ai soli giudizi in corso alla data di entrata in vigore della Legge di conversione, e fatte salve le sentenze passate in giudicato, in caso di violazione degli artt. 1, 2 e 4 del D.Lgs. n. 368/2001 il datore di lavoro potrà essere condannato unicamente ad indennizzare il prestatore di lavoro con un’indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto (avuto riguardo ai criteri indicati nell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni). L’introduzione di tale disposizione fa pertanto venire meno – con riferimento ai soli giudizi in corso – la trasformazione del contratto a tempo determinato con illegittima apposizione del termine in rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

c)    all’art. 5, comma 4-bis del D. Lgs. n- 368/2001 è stata attenuata la rigidità, introdotta dalla Legge 247/2007 attuativa del “Protocollo sul Welfare”, riguardante la disciplina della successione dei contratti a termine ed il limite legale dei 36 mesi. E’ stata, infatti, aggiunta la previsione che, ferma restando la disciplina legislativa della successione di contratti a termine, sono fatte salve le diverse disposizioni contenute nei contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale. Si tratta di una modifica importante che valorizza il ruolo di rappresentanza svolto dalle parti sociali ma che, ad avviso della scrivente Direzione,  non risolve del tutto i problemi attuativi determinati dalla disciplina transitoria stabilita dall’art. 43 della Legge 247/2008 rispetto ai contratti in corso alla data del 1° gennaio 2008 ed al computo dei periodi di lavoro già effettuati ai fini della determinazione del periodo massimo.

d)    analogamente, in materia di diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato, per i lavoratori che abbiano lavorato per più di 6 mesi presso la stessa azienda, la modifica apportata all’art. 5, comma 4-quater, consente di superare una ulteriore rigidità introdotta dalla citata Legge 247/2007. Con tale Legge, infatti, era stato introdotto un diritto di precedenza rigidamente disciplinato per legge. Con l’aggiunta inserita dall’art. 21, comma 3 del provvedimento in esame, sono fatte salve le diverse disposizioni contenute nei contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale, riconoscendo, dunque, il ruolo delle parti sociali nella determinazione delle diverse e specifiche esigenze dei settori e dei territori.

 

3.    CONTRATTI DI LAVORO OCCASIONALI DI TIPO ACCESSORIO (art. 22)

Con riferimento alla disciplina dei contratti occasionali di tipo accessorio(art. 70. comma 1, D.Lgs. 276/2003), il Decreto legge n. 112/2008, nel testo convertito, apporta alcune significative modifiche. In particolare, viene delimitato l’ambito di applicazione del suddetto contratto ad una serie di attività, quali:
 

a)    lavori domestici;

 

b)    lavori di giardinaggio, pulizia e manutenzione di edifici, strade, parchi e monumenti;

 

c)    insegnamento privato supplementare;

 

d)    manifestazioni sportive , culturali o caritatevoli o di lavori di emergenza o di solidarietà;

 

e)    nei periodi di vacanza da parte di giovani con meno di 25 anni di età, regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso l’università o un istituto scolastico di ogni ordine e grado;

 

f)    attività agricole di carattere stagionale effettuate da dipendenti e da giovani di cui alla lettera e), ovvero per le attività agricole svolte a favore di soggetti di cui all’art. 34, comma 6, del DPR 26 ottobre 1972, n. 633;

 

g)    impresa familiare di cui all’art. 230 bis del codice civile, limitatamente al commercio, turismo e servizi;

 

h)    consegna porta a porta e della vendita ambulante di stampa quotidiana e periodica.

 

Dalla data di entrata in vigore del Decreto Legge n. 112/2008 (25 giugno 2008) è, quindi, abrogato l’articolo 71 del D.Lgs. 276/2003 e la casistica nello stesso elencata (comma 4 dell’art. 23 del D.L. 112).

Infine, per favorire la diffusione dell’istituto contrattuale del lavoro accessorio ed in attesa che il previsto Decreto ministeriale individui il concessionario del servizio e i criteri e le modalità attraverso cui assolvere gli oneri previdenziali, l’art. 22 del Decreto 112/2008 individua in via transitoria i concessionari del servizio nell’INPS e nelle Agenzie per il Lavoro.

 

4.    CONTRATTO DI APPRENDISTATO PROFESSIONALIZZANTE (art. 23)

Il Decreto Legge n. 112/2008, ieri convertito in legge,  interviene sulla disciplina del contratto di apprendistato professionalizzante sia introducendo alcune modifiche sia operando alcune abrogazioni.

Per quanto riguarda la disciplina del contratto, è stato modificato l’art. 49, comma 3, del D.Lgs. 276/2003 nella parte in cui era stabilito in 2 anni il limite minimo della durata del contratto di apprendistato. Adesso, quindi, è possibile stabilire anche una durata inferiore ai 2 anni mentre resta di 6 anni il limite massimo.

Sempre con riferimento all’art. 49, è stato aggiunto il comma 5-ter che, in caso di formazione “esclusivamente aziendale”, rimette “integralmente” la determinazione dei profili formativi dell’apprendistato professionalizzante ai contratti collettivi di livello nazionale, territoriale o aziendale o agli Enti Bilaterali.

In particolare, stabilisce la nuova disposizione, che “i contratti collettivi e gli enti bilaterali definiscono la nozione di formazione aziendale e determinano, per ciascun profilo formativo la durata e le modalità di erogazione della formazione, le modalità di riconoscimento della qualifica professionale ai fini contrattuali e la registrazione nel libretto formativo”.

Di conseguenza, in tale caso (formazione “esclusivamente aziendale”) non troverà più applicazione la previsione del comma 5 dell’art. 49 del D.Lgs. 276/2003 che rimette la regolamentazione dei profili formativi dell’apprendistato professionalizzante alle Regioni e alle Province Autonome di Trento e Bolzano d’intesa con le associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano regionale e nel rispetto di alcuni criteri e principi direttivi che, invece, il comma 5-ter rinvia ai contratti o agli enti bilaterali.

La nuova disciplina dovrebbe consentire la piena entrata in vigore del nuovo contratto di apprendistato che, per una serie di ragioni, non è riuscito in questi anni a decollare pur rappresentando l’unico contratto di inserimento dei giovani. Allo stesso tempo, le criticità incontrate nel rapporto tra competenze nazionali e regionali in materia di formazione, la questione delle risorse per finanziare la formazione, il diverso livello di avanzamento delle normative a livello regionali, rappresentano elementi da tenere in considerazione anche per la concreta applicazione della nuova previsione normativa.

Infine, in materia di apprendistato professionalizzante, sono state operate anche alcune importanti abrogazioni:

  • abrogazione dell’obbligo di comunicare all’autorità competente, entro 30 giorni dalla instaurazione di un rapporto di lavoro di apprendistato, i nominativi del lavoratore apprendista e del lavoratore designato quale tutor (articolo 1 del D.M.  7 ottobre 1999);
  • abrogazione degli adempimenti di cui all’art. 21 (obbligo di informare periodicamente la famiglia dell’apprendista sui risultati dell’addestramento) e all’art. 24, commi 3 (relativo agli obblighi di comunicare agli enti competenti i nominativi degli apprendisti che hanno raggiunto, o non hanno raggiunto, la qualifica al termine dell’apprendistato) e 4 (che prevede per il datore l’obbligo di comunicare i nominativi degli apprendisti che hanno compiuto 18 anni ed hanno effettuato un biennio di addestramento pratico ma non hanno conseguito la qualifica) del DPR 30 dicembre 1956, n. 1668;
  • abrogazione dell’art. 4 della legge 25 del 1955 che subordina l’assunzione dell’apprendista ad una preventiva visita medica per verificare la sua idoneità allo svolgere le mansioni per le quali è assunto.
 

5.   ADEMPIMENTI DI NATURA FORMALE NELLA GESTIONE DEI RAPPORTI DI LAVORO   (art. 39)

L’art. 39 del Decreto Legge n. 112/2008, nel definire quelli che sono i nuovi adempimenti di natura formale nella gestione dei rapporti di lavoro, prevede l’abrogazione dell’art. 134 del Regio Decreto n. 1422/1924, che disponeva per i datori di lavoro l’obbligo di tenere i libri paga e matricola, di farli vidimare e di esibirli alle ispezioni degli organi di vigilanza, nonché delle altre norme riguardanti le modalità di tenuta dei libri obbligatori.

A decorrere dalla data di entrata in vigore del suddetto provvedimento (25 giugno 2008), i libri paga e matricola sono, quindi, sostituiti dal Libro Unico del Lavoro. Allo stesso tempo, la legge rinvia ad un Decreto del Ministro del Lavoro il compito di stabilire modalità e tempi di tenuta e conservazione, nonché la disciplina del relativo periodo transitorio (comma 4 dell’art. 39). Ad oggi, la disciplina del Libro Unico del Lavoro deve ancora essere messa a regime in quanto il suddetto Decreto, risulta firmato dal Ministro del Lavoro ma non ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale. L’obbligo di tenuta del Libro Unico è a carico di ciascun datore di lavoro privato, con l’esclusione del solo datore di lavoro domestico. Nel Libro Unico del lavoro dovranno essere iscritti tutti i lavoratori subordinati, i collaboratori coordinati e continuativi, nonché gli associati in partecipazione con apporto lavorativo, con esclusione dei soci di società e dei familiari del titolare dell’impresa.

La semplificazione comporta che in un unico Libro saranno annotati sia gli elementi volti a documentare l’esistenza del rapporto di lavoro (nome e cognome di ciascun lavoratore, codice fiscale, qualifica e livello, retribuzione base, anzianità di servizio, posizioni assicurative), sia quelli probanti la prestazione resa dal lavoratore (importo delle singole voci di retribuzione soggette o meno a contribuzione previdenziale o imposta, trattenute operate per contributi previdenziali ed assistenziali, retribuzione effettivamente corrisposta in denaro o in altra forma, calendario delle presenze, da cui risulti, per ogni giorno, il numero di ore lavorate e di straordinario, le eventuali assenze dal lavoro, nonché le ferie e i permessi).

Nel Libro Unico del lavoro, il datore di lavoro che faccia eseguire lavoro al di fuori della propria azienda dovrà annotare anche il nominativo ed il relativo domicilio dei lavoratori esterni all’unità produttiva nonché la misura della retribuzione. Inoltre, per ciascun lavoratore a domicilio, il datore di lavoro dovrà riportare sul Libro Unico del Lavoro le date e le ore di consegna e riconsegna del lavoro, la descrizione del lavoro eseguito la specificazione della quantità e qualità dello stesso.

Viene, quindi, abrogato sia il registro del lavoro a domicilio che il libretto personale di controllo. La compilazione del Libro Unico deve avvenire, per ciascun mese di riferimento, entro il giorno 16 del mese successivo. La violazione di tale obbligo è punita con la sanzione da 100 € a 600 €, se la violazione si riferisce a più di 10 lavoratori la sanzione va da 150 € a 1500 €. La consegna al lavoratore di copia delle scritturazioni effettuate nel Libro Unico del Lavoro consente di adempiere all’obbligo di consegna del prospetto paga di cui alla legge  n. 4/1953. Importanti novità sono state introdotte in ordine all’apparato sanzionatorio (commi 6 e 7 del provvedimento). L’omessa istituzione del Libro Unico è punita con la sanzione pecuniaria amministrativa da 500 € a 2.500 €, mentre per l’omessa esibizione è comminata una sanzione da 200 € a 2.000 € (per entrambe le ipotesi la Legge 296/2007 prevedeva una maxi sanzione da 4 mila a 12 mila euro).

Un inasprimento dell’apparato sanzionatorio è previsto, invece, per il caso di omessa o infedele registrazione dei dati che, se determina differenti trattamenti retributivi, previdenziali o fiscali, è punita con la sanzione da 150 € a 1.500 €. Se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori la sanzione va da 500 € a 3.000 €.

Con riferimento a quest’ultimi illeciti (omessa o infedele registrazione), il Decreto stabilisce che alla contestazione provvedono gli organi di vigilanza che effettuano accertamenti in materia di lavoro (DRL, DPL, Inps, Inail, altri enti previdenziali) ed individua nella Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente l’Autorità competente a ricevere il rapporto attestante l’accertamento della violazione.

Per la tenuta del libro unico il datore può avvalersi dell’opera di un consulente del lavoro o di altro soggetto abilitato, dando comunicazione preventiva alla Direzione provinciale del lavoro competente per territorio delle generalità dell’incaricato e del luogo in cui sono reperibili i documenti (art. 40, comma 1, decreto).

Se il professionista, senza giustificato motivo, non ottempera entro 15 giorni alle richieste degli organi ispettivi è punito con la sanzione amministrativa da 100 € a 1000 €: in caso di recidiva l’organo di vigilanza ne dà notizia all’Ordine per i conseguenti provvedimenti disciplinari.

Da sottolineare, inoltre, l’abrogazione dell’art. 42 della legge n. 153/1969, che obbligava il datore di lavoro a tenere i libri paga e matricola per 10 anni dalla data dell’ultima registrazione, e delle altre norme relative alle modalità di tenuta dei libri contenute nel DPR n. 1124/65.

Con il Decreto n. 112/2008 viene cambiato anche il primo periodo dell’art. 23 del DPR n. 1124/65: per cui, se ai lavori sono addetti i soggetti di cui all’art. 4, comma 6 (coniuge, figli, anche naturali o adottivi, altri parenti, anche affini, affiliati o affidati del datore di lavoro che prestano servizio con o senza retribuzione con opera manuale o meno) e comma 7 (soci delle cooperative e di ogni altro tipo di società, anche di fatto, comunque denominata, costituita o esercitata, che prestino opera manuale o non manuale), il datore di lavoro, anche artigiano, qualora non debba effettuare la comunicazione preventiva di assunzione, deve denunciare a mezzo fax o in via telematica, all’INAIL, prima dell’inizio dell’attività e indicando il trattamento retributivo.

 

Dimissioni volontarie

L’art. 39, comma 10, lett. k) del D.L. 112/2008, ha abrogato la legge n. 188/2007 che, a partire dal 5 marzo 2008, aveva introdotto il nuovo sistema di trasmissione delle dimissioni volontarie on line. Pertanto, a partire dal 25 giugno 2008, data di entrata in vigore del decreto legge, le dimissioni volontarie possono essere presentate al datore di lavoro senza dover ricorrere alla procedura informatizzata. Si tratta di un intervento abrogativo importante che la stessa Confartigianato aveva più volte sollecitato e rappresentato al Ministero del Lavoro. Infatti, la procedura introdotta con la Legge n. 188/2007 rappresentava un adempimento sproporzionato rispetto alla finalità perseguita di contrasto di un fenomeno, quale quello delle c.d. dimissioni in bianco, assolutamente circoscritto e residuale.

 

Registro delle imprese di autotrasporto

L’art. 40, comma 3, del Decreto Legge n. 112/2008 ha eliminato il registro orario per le imprese di trasporto, introdotto dall’art. 8 del D. Lgs. n. 234/2007. Il Decreto, infatti, prevede che l’obbligo di registrazione dell’orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto può essere assolto mediante le relative annotazioni sul Libro Unico del Lavoro di cui sopra. Di conseguenza, è stata anche abrogata anche la disposizione di cui all’art. 8, comma 2, D. Lgs. n. 234/2007 in base alla quale i registri dovevano essere conservati per almeno due anni. Anche in questo caso, si tratta di un intervento abrogativo importante che Confartigianato ha fortemente sostenuto. Infatti, l’introduzione del registro orario per le imprese di autotrasporto rappresentava un inutile doppione del libro paga- sezione presenze con l’unica differenza rappresentata dal soggetto tenuto alla sua vidimazione: la Direzione Provinciale del Lavoro anziché l’INAIL come per il libro presenze.

Altri adempimenti formali

Il decreto n. 112/2008 introduce delle modifiche in ordine ad alcuni ulteriori adempimenti formali previsti in materia di lavoro.

1.    Art. 4 bis, comma 2, D. Lvo n. 181/2000: prima dell’inizio dell’attività lavorativa i datori di lavoro pubblici e privati hanno l’obbligo di fornire al lavoratore copia della comunicazione anticipata di assunzione, assolvendo, per questa via, agli obblighi concernenti la lettera di assunzione di cui al decreto legislativo n. 152/97. Tale obbligo è assolto anche nel caso in cui venga consegnata una copia del contratto di lavoro che contenga tutte le informazioni richieste dall’art. 1 del D.Lvo n. 152/97 (identità delle parti, luogo di lavoro, data di inizio e durata del rapporto di lavoro, inquadramento livello e qualifica, retribuzione, ferie, preavviso, orario di lavoro).

2.    Art. 9, comma 6, legge n. 68/1999: il prospetto informativo, dal quale devono risultare i lavoratori in forza, il numero e i nomi di quelli computabili nella quota di riserva, nonché i posti di lavoro e le mansioni disponibili, dovrà, dal 25 giugno 2008, essere inviato solo in caso di modifiche nella situazione del personale che incidano sulla quota di riserva. In precedenza il prospetto andava inviato una volta l’anno, e cioè entro il 31 gennaio con riferimento al personale in forza al 31 dicembre precedente anche se la situazione era rimasta invariata.

3.     Art. 17, comma 1, legge n. 68/99: Il Decreto Legge n. 112/2008 abroga tale comma prevedendo che l’attestato di regolarità rispetto alle norme sul lavoro dei disabili possa essere sostituito da un’autocertificazione da parte del datore di lavoro.

 

Indici di congruità

Tra le abrogazioni che Confartigianato aveva segnalato al Governo come prioritarie, vi rientrano anche gli indici di congruità, di cui all’art. 1, commi 1173 e 1174, legge n. 296/2006. Tali indici, ora abrogati dall’art. 39, comma 10, lett. n) del decreto, avrebbero dovuto stabilire la congruità del rapporto tra la qualità dei beni prodotti e dei servizi offerti e la quantità di ore di lavoro necessarie, al fine di promuovere la regolarità contributiva quale requisito per la concessione dei benefici e degli incentivi previsti dall’ordinamento. L’abrogazione dimostra, perciò, come il contrasto al lavoro sommerso ed irregolare possa essere raggiunto con altri strumenti, laddove l’introduzione degli indici rischiava di comportare per le imprese un ulteriore aggravio burocratico e di costi.

 

Lavoro intermittente

L’art. 39, comma 11 del Decreto Legge n. 112/08 ripristina la disciplina del lavoro intermittente. Parallelamente, il comma 10, lett. m) dell’art. 39 abroga i commi 45, 47, 48, 49 e 50 della legge n. 247/07 che, a loro volta, avevano abrogato la disciplina riguardante il contratto di lavoro intermittente (articoli da 33 a 40 del D. Lvo 276/03).

Contribuzione contratti a tempo parziale L’art. 39, comma 10, lett. m, abroga il comma 32, lett. d), L. n. 247/2007 con cui era stato previsto un aumento della contribuzione per i contratti a tempo parziale fino a 12 ore settimanali .

 

6.    ORARIO DI LAVORO (art. 41)

 
In materia di orario di lavoro si segnalano le modifiche che più interessano le aziende artigiane. 
La prima concerne la definizione di “lavoratore notturno”: da ora in poi la legge considera lavoratore notturno chi svolge per almeno tre ore la propria attività di notte per un minimo di 80 giorni nell’anno (si veda la nuova formulazione dell’art. 1, c. 2, lett. e) n. 2 come modificato dal c. 1 dell’art. 41). 

La seconda modifica concerne la definizione di “lavoratore mobile”: è tale colui che presta, nelle condizioni e nei luoghi elencati dalla legge, la propria attività sia per conto proprio che per conto terzi (così il nuovo art. 1, c. 2, lett. h) come modificato dall’art. 41, c. 2).

Particolarmente significativa è la novità apportata dal 5° comma dell’art. 41 alla disciplina del riposo settimanale di cui al d. lgs. 66/2003. Mentre la vecchia formulazione del 1° comma dell’art. 9 prevedeva che il riposo settimanale, che la legge fissa in 24 ore consecutive di regola coincidenti con la domenica, deve essere goduto ogni 7 giorni (6+1), con la modifica in oggetto il principio del «6+1» può anche essere calcolato “come media in un periodo non superiore a 14 giorni”[1]. Di tal che potremmo avere che – ad esempio – il lavoratore, dopo 12 giorni di lavoro consecutivo, potrà godere del suo riposo settimanale «medio» il 13° e il 14° giorno. Su questa disposizione meritano di essere fatte alcune osservazioni.

Innanzitutto, si tratta di una norma il cui contenuto è immediatamente esigibile dal datore di lavoro. La disposizione, infatti, è formulata attraverso un chiaro ed inequivocabile imperativo che è applicabile anche in quei rapporti di lavoro i cui contratti collettivi di riferimento indicano la domenica come giorno di riposo settimanale. Ciò, tuttavia, è consentito:

  • nel limite delle 48 ore medie settimanali (comprensive dello straordinario) che la legge individua come durata complessiva media dell’orario di lavoro (art. 4, c. 2, del d. lgs. 66) da calcolarsi con riferimento ad un periodo non superiore a 4 mesi (art. 4, c. 3, del d. lgs. 66);
  • e nel limite del monte ore annuo di lavoro straordinario fissato dai contratti collettivi di categoria. Ad esempio, nel CCNL Tessile-Abbigliamento-Calzaturiero (si veda l’art. 29) ciò sarà possibile nei limiti di 220 ore annue;
  • e nei soli casi in cui la legge ammette una deroga al riposo domenicale: interessano, in particolare, il nostro settore le ipotesi indicate nelle lettere da a) ad e) del 3° comma dell’art. 9 del d. lgs. 66.
La disciplina in commento potrebbe esplicare pienamente i suoi effetti a fronte di previsioni contrattuali che introducano un’organizzazione multiperiodale dell’orario normale settimanale di lavoro, che consentirebbe di non far ricadere nella disciplina dello straordinario il lavoro prestato oltre le 40 ore settimanali, ai sensi dell’art. 3, c. 2 del D.Lgs. 66. Da ultimo, si segnala che alla luce delle novità introdotte nel primo comma dell’art. 9 del d.lgs. 66 le disposizioni di cui al secondo comma assumono un diverso significato. Difatti al sensi di quanto previsto dalla lett. d) ora i contratti collettivi possono stabilire, non solo deroghe al principio di un giorno di riposo ogni sette lavorati e alla regola della coincidenza di tale giorno di riposo con la domenica, ma anche deroghe al criterio secondo cui il periodo di riposo di 24 ore consecutive può essere calcolato coma media in un periodo non superiore ai 14 giorni, stabilendo – ad esempio – che la base di riferimento diventa 21 giorni.   
Ancora per quanto riguarda l’art. 9 del d. lgs. 66, il decreto legge in esame provvede a modificare il comma 2, lett. a). Pertanto è possibile derogare alle disposizioni di cui al comma 1 per tutte quelle “attività di lavoro a turno ogni volta che il lavoratore cambi turno o squadra e non possa usufruire, tra la fine del servizio di un turno o squadra e l’inizio del successivo, di periodi di riposo giornaliero o settimanale”.
Con riferimento alla disciplina derogatoria di cui all’art. 17 del d. lgs. 66, importanti modifiche al comma 1 di questo articolo rivedono il ruolo dei due livelli di contrattazione (per il solo settore privato). Difatti, mentre la precedente formulazione ammetteva che la contrattazione di secondo livello potesse derogare alla disciplina legale, e precisamente agli artt. 7, 8, 12 e 13, solo sulla base del solco tracciato della contrattazione nazionale, ora è possibile per la contrattazione regionale intervenire anche in assenza di un accordo al primo livello.

In materia di orario di lavoro si segnalano anche importanti modifiche alla disciplina delle sanzioni per la violazione delle norme del d.lgs. 66:

  • per le violazioni della disciplina della durata massima settimanale dell’orario di lavoro (art. 4, cc. 2, 4, e 4), della normativa sui riposi settimanali (art. 9, c. 3)  e delle ferie (art. 10, c. 1) il Legislatore conferma la sanzione pecuniaria amministrativa che va dai 130 ai 780 euro per ogni lavoratore mentre specifica che, nel caso di violazione delle disposizioni di cui al commi 3 o 4 dell’art. 4, questa è da intendersi anche per ciascun periodo a cui si riferisca la violazione (comma 8, dell’art. 41 che modifica il comma 3 dell’art. 18-bis del d.lgs. 66);
  • per la violazione delle disposizioni di cui all’art. 9, c. 1, in materia di riposi settimanali, le sanzioni sono alleggerite: ora possono arrivare ad un massimo di 100 euro in relazione ad ogni singolo lavoratore coinvolto e ad ogni periodo di 24 ore, mentre in passato potevano arrivare fino a 630 euro, e comprendevano anche la violazione della normativa sulle ferie (comma 9 dell’art. 41 che modifica il comma 4 dell’art. 18-bis);
  • per le violazioni della normativa sullo straordinario di cui all’art. 5, commi 3 e 5, le sanzioni amministrative rimangono le stesse; tuttavia la novità sta nel fatto che le medesime sanzioni ora non operano più nei casi di violazione dell’art. 3, c. 1, che fissa l’orario normale di lavoro in 40 ore settimanali (comma 10 dell’art. 41 che modifica il comma 6 dell’art. 18 bis del d. lgs. 66);
  • con la modifica all’art. 14, c. 1, del T.U. n. 81/2008 in materia di salute e sicurezza il provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale non potrà più intervenire in caso di reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui agli articoli 4, 7 e 9 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni;

Da ultimo si segnala che con l’entrata in vigore del decreto legge in esame sono abrogate le seguenti norme del decreto 66:

  • l’art. 4, c. 5, sull’obbligo per le unità produttive con più di 10 dipendenti di comunicare alla DPL l’eventuale superamento delle 48 ore di lavoro settimanale, che la legge considera come durata media dell’orario di lavoro settimanale;
  • l’art. 12, c. 2, sull’obbligo per i datori di comunicare alla DPL la periodicità annuale con la quale si ricorre al lavoro notturno.
 
7.    RAZIONALIZZAZIONE DEL PROCESSO DEL LAVORO (art. 53)
 
Nell’intento di razionalizzare ed accorciare i tempi della giustizia del lavoro il decreto n. 112 (art. 53) introduce una significativa modifica al comma 1 dell’art. 429 c.p.c. In virtù di tale modifica il giudice, nel momento in cui pronuncia la sentenza, dando lettura del dispositivo in udienza, deve motivare la decisione esponendo le ragioni di fatto e di diritto che lo hanno portato alla stessa. Ne segue che al fine di conoscere la motivazione completa della sentenza non sarà più necessario attendere il deposito della stessa presso la cancelleria. L’art. 53 del decreto prevede, poi, che se il caso è particolarmente complesso la motivazione potrà essere posticipata di 60 giorni, dandone comunicazione nel dispositivo. Il successivo art. 56 afferma, infine, che la disposizione trova applicazione per i procedimenti instaurati a partire dal 25 giugno 2008, data di entrata in vigore del decreto n. 112.
 

 
[1] La seconda parte del 1° comma dell’art. 9 recita “Il suddetto periodo di riposo consecutivo è calcolato come media in un periodo non superiore a 14 giorni”.
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